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thecomfortzone/una teoria possibile

 

Con il progetto thecomfortzone affermiamo che si proviene dal nulla e si va al nulla. Non si dà l’atto del creare primigenio. Non dandosi un creatore, l’atto del fare – nel mondo – è un atto temporaneo, la volontà di dare ordine al passaggio terreno di uomini e cose, di ciò che potremmo definire essere. I sistemi, la società sono linguaggi e codici; thecomfortzone vuole affermare la temporaneità delle cose, dunque propone l’atto liquido e non replicabile, cedendo quote alla natura e alle sue manifestazioni. Dunque, il suono di thecomfortzone è un codice-non codice, è un linguaggio sostanzialmente – ma non esclusivamente – non sistemico, un emergere di un moto, come quello delle onde, che afferma una naturalità del vivere, ma anche la sua illusorietà. Quindi thecomfortzone non è un linguaggio fatto di codici, ma un eterno divenire dove ciò che conta è l’atto in sé e non la sua illusoria replicabilità (che esiste solo nella riproduzione meccanica del suono registrato). Per cui l’improvvisazione (in fase costitutiva, 1) vuole essere un atto di consapevolezza, un gesto sacro, un rito – in senso laico – dove si afferma un tempo che non ritorna. La tecnica – come la retorica – ci aiuta eventualmente a riconoscerci nel mondo (quotidianità, sistemi) ma è insufficiente a racchiudere il senso ultimo dell’agire di thecomfortzone che è la consapevolezza del caos.

thecomfortzone/ a possible theory

With the thecomfortzone project we affirm that we come out of nowhere and go nowhere. The act of creating primal is not given. Not giving oneself a creator, the act of doing - in the world - is a temporary act, the will to give order to the earthly passage of men and things, of what we could define as being. Systems, society are languages ​​and codes; thecomfortzone wants to affirm the temporariness of things, therefore it proposes the liquid and non-replicable act, giving shares to nature and its manifestations. Therefore, the sound of thecomfortzone is a code-non-code, it is a substantially - but not exclusively - non-systemic language, an emergence of a motion, like that of the waves, which affirms a naturalness of life, but also its illusoryness. So thecomfortzone is not a language made up of codes, but an eternal becoming where what matters is the act itself and not its illusory replicability (which exists only in the mechanical reproduction of the recorded sound). So improvisation (in the constitutive phase, 1) wants to be an act of awareness, a sacred gesture, a rite - in a secular sense - where a time that does not return is affirmed. Technique - like rhetoric - eventually helps us to recognize ourselves in the world (everyday life, systems) but is insufficient to encompass the ultimate meaning of thecomfortzone, which is the awareness of chaos

 

thecomfortzone

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